Ricevo molte domande su come sia riuscito nell’intento di trasferirmi all’estero e ho cercato di creare questa mini-guida che illustra quelli che a mio avviso sono i 5 miti da sfatare per andare a lavorare all’estero. Questo testo si occupa in particolare di una categoria che trova più difficoltà di altri ad emigrare: gli insegnanti. Tuttavia, se si escludono alcuni riferimenti di dettaglio al mondo dell’insegnamento, ritengo che si tratti di una guida utile per chiunque stia pensando di emigrare.

Per focalizzare bene il tuo obiettivo, è fondamentale concentrare l’attenzione sul fattore che più di ogni altro determinerà il successo del tuo progetto di andare a lavorare all’estero: la decisione.

Esiste un circolo vizioso generato da alcune convinzioni, alle volte così radicate che stentiamo a riconoscere che siano persino presenti in noi stessi: si tratta per lo più di abitudini di pensiero, mutuate dall’ambiente che ci circonda. Possono limitarci molto.

Andare a alavorare all'estero è conseguenza di una decisione irrevocabile

Il successo nasce nel momento della decisione

Una di queste convinzioni è che si possa decidere di fare qualcosa solo qualora se ne presenti l’occasione. Se a prima vista vi sembrerà strano affermare che sia necessario prendere la decisione PRIMA di ogni altra azione, alla fine del percorso sono certo che sarete convinti che iniziare con la decisione sia, in verità, la via più efficace. Se non l’unica.

Negli anni ho osservato ed aiutato molte persone a mettere in pratica i loro progetti. Con il senno di poi, una costante emerge dai risultati ottenuti: riesce nel suo intento solo chi ha iniziato decidendo che comunque farà quella cosa

La decisione è condizione necessaria per adottare il giusto atteggiamento

Se ci pensi un momento è semplice: se hai veramente deciso, allora cercherai la via e accetterai i sacrifici da fare. Sì, li accetterai perché il tuo obiettivo è importante, irrinunciabile. Se non hai deciso è molto probabile che cercherai, involontariamente, di interpretare qualsiasi informazione come l’opportunità per desistere.

Se hai preso una decisione irrevocabile, avrai un obiettivo e valuterai tutto in ragione del conseguimento dell’obiettivo. Nella vita esiste solo “fare”, non esiste “provare”. Provare significa già fallire. Se cerchi i motivi per fare, alla fine li troverai, se cerchi i motivi per non fare, alla fine li troverai. Il successo è nella decisione.

Il problema è legato alla cosiddetta “Comfort Zone” nella quale ci adagiamo per evitare i rischi, gli stress, le ansie.

Se non fosse che in essa la vita è piatta e senza crescita, non sarebbe poi così male! 🙂

Ecco: decidere significa anche abbandonare la nostra Comfort Zone, tagliare quei ponti virtuali dietro di noi che, alla prima difficoltà, ci riporterebbero invariabilmente in essa.

Il concetto di comfort zone è trattato adeguatamente da molti formatori, e il web è ricco di spunti di riflessione in merito. Il buon amico Google ti fornirà tutti gli approfondimenti che vuoi.

Chi meglio di un insegnante può sapere che, per apprendere, è bene seguire un metodo ed è necessario conoscere a fondo la realtà che vogliamo governare? Chi ha un metodo non corre alle conclusioni…

Correre alle conclusioni è uno degli errori più frequenti: ecco una schematica esposizione dei 5 miti che spesso rendono impervia, se non impossibile, la strada per raggiungere l’obiettivo di lavorare come insegnante fuori dall’Italia. Consideralo un mini corso di apprendimento del metodo utile al tuo espatrio.

 

PRIMO MITO DA SFATARE PER ANDARE A LAVORARE ALL’ESTERO

Pensare che la prima cosa da fare sia avere la certezza di un lavoro

Andare a lavorare all’estero si può fare solo se hai un lavoro all’estero. Ti piace vincere facile, eh?

Ti confido un segreto: a qualcuno capita. Esiste chi ha ricevuto una chiamata dall’estero prima di pianificare la propria emigrazione. In genere capita a persone con competenze tecniche rare, difficili da trovare sul mercato. Oltre a ciò occorre anche che queste persone siano, per qualche motivo, già conosciute e stimate in ambienti di lavoro internazionali.

Un'offerta di lavoro arriva solo a chi è è già conosciuto

Offerta di lavoro. Improbabile che ti arrivi da chi non sa che esisti.

Ambienti come sport, ricerca, arte, management, università, consulenza e via così. La scuola (quella fino alle superiori) non compare in questo elenco. Il mondo della scuola fino alla maturità non è transnazionale; è di fatto un sistema chiuso, Paese per Paese. Non promuove un successo personale, non vive di pubblicazioni, non coltiva relazioni che possano creare valore sulla carriera. Non capiterà che qualcuno ti cerchi per il semplice fatto che non sei abbastanza conosciuto ed apprezzato in ambienti lontani dalla tua scuola, o meglio ancora all’estero. Torneremo su questo argomento nelle conclusioni.

Occorre comunque considerare come a nessuno di questi professionisti (sportivi, professori universitari, fiscalisti, ricercatori, manager, ecc) vengano offerti contratti “garantiti” da null’altro che non sia il loro superiore talento. Nessun “finché pensione non vi separi” nelle loro opportunità di lavoro. Queste persone sanno che dovranno competere anche solo per mantenere la posizione che gli viene offerta.

Coloro che, visti da fuori, sembrano aver avuto vita facile, beh… non l’hanno avuta: si sono solamente preparati adeguatamente. A nessuno di costoro qualcuno aveva garantito il successo prima che si spremessero per prepararsi, a nessuno di loro la fortuna ha suonato il campanello per sorteggio: ognuno di essi ha fatto una serie di azioni che hanno creato i presupposti perché il successo arridesse loro.

“Il successo è nella preparazione” e si prepara adeguatamente solo chi ha deciso

Molti ritengono che prima di decidere di andare a lavorare all’estero, si debba avere la certezza di aver risolto tutti i problemi pratici inerenti.

Se non so come vivrò, come faccio a decidere?

Decidere non significa partire, non subito almeno, significa decidere che partirai.

È semplice e forse è un po’ crudo detto così, ma solo chi ha veramente deciso di andare a lavorare all’estero farà tutto ciò che è necessario per risolvere i problemi pratici.

Un caso ricorrente

Può essere che tu abbia sentito pronunciare qualche volta la frase: “Dammi un lavoro sicuro all’estero e parto subito”.

“Dammi” (= “Se avessi”)

La persona che pronuncia questa frase è nell’atteggiamento di attendersi da altri la soluzione dei propri problemi. E’ passiva. Anche ammettendo, tuttavia, che un “lavoro sicuro” possa piovere dal cielo, un atteggiamento passivo farà sì che, immediatamente, sorgano mille problemi: devo partire subito ma non sono organizzato, ma dove andrò a vivere, e i documenti, e la casa? Cosa ne faccio della casa? E se poi non mi piace? Se non divento ricco? Chi mi garantisce che… : decine di problematiche nascono improvvisamente, come per magia. 

Se non hai già deciso, resti indeciso.  

“Chi ha un perché abbastanza forte può sopportare qualsiasi come.”

Friedrich W. Nietzsche

Metti alla prova te stesso e chiediti: sei disposto ad assumerti la responsabilità della scelta? Se è così, come puoi chiedere ad altri che ti garantiscano il successo per una cosa che devi fare tu? Il fatto è che se non avrai realmente deciso di andartene, quando sarà il momento non ti sarai preparato e quindi si presenteranno anche a te mille problematiche che ti “impediranno” di procedere con il cambiamento. Oltre a ciò, un tuo eventuale rifiuto dell’opportunità improvvisa, dopo averla desiderata, potrebbe danneggiare la tua autostima oltre che la tua immagine sociale.

Ecco quindi qual è la prima cosa da fare per riuscire ad andarsene: decidere realmente di andarsene. 

Solo chi ha già deciso si assume impegni, solo chi ha già deciso passerà il punto di non ritorno e otterrà quello che vuole. Se non hai deciso è forse perché non vuoi veramente andartene, magari vivi alcune difficoltà nel tuo quotidiano e cerchi di lenire la sofferenza alimentando sogni che non intendi veramente realizzare. Ci sta, siamo persone.

Andare a lavorare all’estero non è un sogno: è un lavoro

Io dico: FORTUNATAMENTE è un lavoro.

Un lavoro significa che c’è un metodo per realizzarlo, può esserci una tecnica per gestire il rischio e un sistema per stimare i risultati.

Applicare un metodo è il modo più sicuro di giungere al successo, ovvero di ottenere ciò che ci siamo prefissi. I sogni svaniscono all’alba, il lavoro ben fatto paga sempre.

In sintesi la via del successo è in questi semplici tre passi:

  1. Decidi che vuoi andartene
  2. Studia come questo possa essere ragionevolmente realizzato
  3. Metti in pratica il tuo progetto
Certo, ma… non è facile decidere…

Hai perfettamente ragione, ed è qui che il metodo viene in aiuto: per giungere ad una reale decisione è estremamente utile sapere che esiste un percorso, un sistema che ti aiuta a semplificare il lavoro ed a svolgerlo in tempi controllabili.

Questo ti eviterà il pericolo dell’elastico: decidere a giorni alterni, sfiduciarsi continuamente per l’emergere di fatiche o difficoltà, iniziare cento volte e non procedere.

Chi ha deciso, semplicemente non molla mai e, aiutato dal metodo, non spreca energie nel cambiare continuamente idea.

Se andartene è quello che vuoi per te: segui il percorso. Imparerai come occuparti solo di questo senza sprecare tempo, energie, denari.

Analizza i dati e decidi tu, non permettere ad una circostanza fortuita come l’offerta di un lavoro, di determinare la tua vita, perché in questo modo dipenderesti sempre dalle decisioni altrui.

Al termine di questo breve corso vedrai che saprai perché decidere… è decisivo.

 

SECONDO MITO DA SFATARE PER ANDARE A LAVORARE ALL’ESTERO

Sottovalutare l’importanza di un progetto dettagliato 

Molti giungono ad abbandonare l’idea di andare a lavorare all’estero, senza aver mai fatto un reale piano operativo: in pratica abbandonano il loro progetto prima di fare il progetto. 

È più frequente di quanto non si creda: l’ansia di voler “sapere in anticipo come andrà a finire” ci può far saltare passi determinanti nel percorso che ci porterà a vivere altrove. Uno di questi passi determinanti è fare un progetto esecutivo. In pratica, se vuoi sapere come andrà a finire, è sufficiente che tu faccia un piano molto dettagliato di come conseguirai il tuo obiettivo. Fatto il piano, lo saprai. Nel piano affronti i problemi con metodo e definisci le soluzioni per te accettabili. 

Spesso le persone permettono a informazioni non verificate, opinioni non controllate, stanchezza o paura, di decidere per loro. È chiaro che a queste persone servirà un colpo di fortuna per conseguire i loro obiettivi. Al contrario, se tu fai un piano operativo dettagliato, iniziando dai presupposti e non dalla fine, arriverai alla conclusione senza lasciare nulla al caso.

Quante case hai visto costruire partendo dal tetto? Di più: quante senza un progetto?

E ancora: quanti progetti senza un committente pagante, cioè una persona che avesse deciso di costruire la casa? Per fare una casa occorre come prima cosa la decisione di costruire, poi un progetto e quindi la realizzazione, la quale inizia dalle fondamenta.
Così è anche in questo caso.

Finché non hai il progetto operativo non puoi dire se la casa ti piacerà: per questo devi impegnarti a realizzare il progetto operativo.

Si tratta della tua vita, non è il caso di prendere sottogamba il percorso

Ad esempio: partecipare ai concorsi per farsi assumere come insegnante in Svizzera, senza avere fatto un progetto completo di come potrai mettere in pratica questo cambiamento, è un tentativo che quasi certamente fallirà. Trovare un lavoro, qualsiasi lavoro, senza aver fatto prima un piano operativo è solo un colpo di fortuna: bene, oltre a non essere frequenti, il tuo colpo di fortuna potrebbe svanire per mancanza di quella pianificazione, di quella adeguata preparazione materiale e mentale a questo importante cambiamento.

Tu pensi che chi valuta le candidature si ponga questo problema, si chieda se sei in grado di accettare il lavoro? Ti svelo un “segreto”: sì.

Il selezionatore si chiede se ha davanti una persona consapevole

Egli si chiede se sia consapevole non solo delle problematiche professionali, ma anche di quelle personali, delle ricadute materiali, pratiche correlate. Si chiede se ha davanti qualcuno che abbia già risolto queste problematiche, o per lo meno se sappia come risolverle. Chi offre un lavoro, specie se ben compensato, si aspetta di non doversi far carico dei problemi altrui ma vuole pagare qualcuno perché lo aiuti a conseguire gli obiettivi della realtà che offre il lavoro. Se nasce il dubbio nella mente del selezionatore, che i tuoi problemi personali potrebbero limitarti nell’espletamento del servizio, egli ha di fronte a sé una soluzione semplice e veloce: passare ad esaminare il CV successivo. C’è sempre un altro candidato.

Inizi a vedere ora quanto è importante aver preso una decisione tempestivamente?

Nessuna decisione, nessun progetto operativo. Nessun progetto significa affidarsi al caso. Solo gli sfiduciati si affidano al caso. Nessuno assume gli sfiduciati.

Ottenere un contratto e andare a lavorare all’estero

Il modo più rapido e sicuro per ottenere un contratto è che sia conseguenza del tuo lavoro di pianificazione del tuo futuro. Un progetto dettagliato ti rende più consapevole e sicuro, quindi fa di te un candidato desiderabile, interessante. I direttori scolastici, in Svizzera, sono in cerca di candidati interessanti che possano aumentare il livello medio del servizio che organizzano. In ogni parte del mondo, quando si assume uno straniero, si cerca di portare competenze e diversità nel proprio sistema, si punta a irrobustire il sistema con l’acquisizione di energie positive.

Chi sa darsi un obiettivo e decide, chi stende un progetto concreto e dettagliato acquisisce know how e sicurezza. Egli così diviene più consapevole di saper fare la differenza e, senza che se ne accorga, inizia a comunicare tutto questo con ogni sua fibra. Essere una persona che fa, che si prefigge obiettivi e che pianifica il percorso, è fondamentale per essere interessante sul lavoro. Di conseguenza sarà desiderabile per gli altri acquisirti per il loro team di lavoro. Se vuoi andare a lavorare all’estero, pensa a renderti interessante.

Avere i dati, conoscere il percorso, decidere le soluzioni, programmare i passi, significa essere pronti. Candidati solo quando sarai pronto e i risultati ti sorprenderanno. 

Talvolta aspettiamo di trovare la strada giusta, dimenticando che la strada giusta si trova camminando e non aspettando: prepararsi è già essere in cammino.

Nel prossimo punto ti parlerò di cosa siano i SINAP e perché è fondamentale essere preparati prima di affrontarli.

 

TERZO MITO DA SFATARE PER ANDARE A LAVORARE ALL’ESTERO

Pensare che sia utile parlare con le persone che hai attorno prima di aver fatto un piano operativo

Questo è un aspetto correlato ai primi due e ti permette di focalizzare il problema legato agli obiettivi.

La decisione definisce il tuo obiettivo. Il progetto ti dice come realizzarlo. Occorre sempre tenere a mente che le persone non hanno il tuo stesso obiettivo ma potrebbero averne altri o nessuno.

Se ti appare impossibile che le persone non abbiano obiettivi, poni attenzione quando ti rivolgi ad un interlocutore. Inizia a enumerarti cose che vorrebbe/potrebbe fare “solo se“…? Si lamenta sempre e non agisce mai, non si espone? Ecco: probabile che non abbia scelto il suo obiettivo. Forse sta aspettando che la vita gliene assegni uno. Capita più spesso di quanto non si creda.

Non tutti hanno obiettivi

Chi non ha obiettivi è fermo in un limbo, nella sua comfort zone, e potrebbe avere, più o meno consapevolmente, l’obiettivo o l’abitudine di appoggiarsi a te per risolvere i suoi problemi. In altri casi potrebbe semplicemente avere orizzonti limitati. Infine potrebbe essere solo abituato alla tua presenza. Le persone che hai attorno ogni giorno, come gli amici, o gli stessi tuoi famigliari, potrebbero essere già soddisfatti dal solo poter condividere poche semplici cose con te e con il proprio entourage. Cosa accade a queste abitudini quando arrivi tu e dichiari che vuoi rompere gli schemi, annunciando perfino che sei convinto esistano soluzioni ai problemi? Oppure che sei intenzionato a perseguire una di queste soluzioni, perché intendi andare a lavorare all’estero?

Per coloro che fossero fermamente convinti che si tratti di velleità, magari solo perché mancano di informazioni corrette e sufficienti al riguardo, può accadere che sopraggiunga l’ansia di evitarti una delusione: quante volte l’eccesso di affetto ha tarpato le ali alle persone? Può altresì accadere che scatti una sorta di invidia verso una tua possibile riuscita, sai come si dice: gli amici possono perdonarti tutto tranne il successo. Questo spaventa alcune persone. Moltissime sono le dinamiche inconsapevoli che possono portare chi abbiamo vicino a demolire le nostre aspirazioni, non è per cattiveria che si metteranno di traverso, è che il mondo va così: milioni di individui replicano quotidianamente abitudini acquisite e sono pochi quelli che se ne vanno per la loro strada, rompendo la gabbia delle abitudini. 

S.I.N.A.P.

Talvolta si definiscono a tal fine i “SINAP” (acronimo che sta per: Soggetti a Influenza Negativa – Amici e Parenti). Non puoi affrontarli impreparato e non puoi chiedere loro di costruire la tua idea.

Il confronto va praticato, certo: solo quando saprai di essere pronto. Ti occorre un progetto operativo. Il tuo piano d’azione contiene tutti gli argomenti relativi alla tua scelta, gli approfondimenti e i dati reali, è in pratica la tua competenza in merito. A questo punto puoi parlare con le persone che stimi e che sai che ti vogliono bene. Quando i tuoi interlocutori si renderanno conto che hai studiato a fondo la cosa, ti stimeranno e ti aiuteranno a metterla in pratica, le loro obiezioni saranno utili, finalizzate a migliorare e rafforzare il progetto e infine ti daranno il loro appoggio diventando i tuoi primi tifosi. 

I miei SINAP

Quando a suo tempo iniziai a confrontarmi con i miei SINAP ero talmente preparato che li sorprendevo con fatti e dati che anche loro avevano sotto gli occhi ma che non si erano mai soffermati a considerare adeguatamente. Questo generava le reazioni più disparate. Certuni si irritavano perché non volendo abbandonare nemmeno per un istante, nemmeno per ipotesi, la loro Comfort Zone, cercavano di tagliar corto, e negavano l’evidenza di dati che però io sapevo essere reali. Non mi potevano certo scalfire con la loro ottusità. Altri al contrario iniziavano una fase di riflessioni, che talvolta li ha portati a richiedermi successivamente un aiuto per meglio comprendere, approfondire: alcuni di essi oggi hanno cambiato la loro vita e sono felicemente all’estero. Certuni infine sono arrabbiatissimi con me: mi incolpano dei loro insuccessi; naturalmente nessuno di loro ha mai applicato un metodo, ha mai deciso veramente di andarsene, ha mai redatto un progetto operativo. Ovviamente è colpa mia (o della Merkel, dei fascisti, dei comunisti, dei dipendenti statali, degli imprenditori…) se la fortuna non ha suonato al loro campanello.

Preparati, può accadere: non tutti i SINAP vengono per nuocere, tuttavia potresti andare in contrasto con alcuni di essi che faranno di tutto per convincerti che stai sbagliando. Il loro obiettivo non sarà proteggerti ma solo “aver ragione”. Il tuo obiettivo non sarà convincerli del contrario né convincerli a seguirti. Tu avrai il tuo piano in cui confidare e la comunicazione con i SINAP sarà solo “comunicazione”. Hai deciso che cambierai la tua vita e sai anche come fare. Non sei sbagliato tu né lo sono loro, è semplicemente differente la valutazione delle circostanze, sono differenti le circostanze che ognuno di voi vive e quindi ciò che vale per te non è detto che valga per loro. 

Ma ciò che vale per loro, non vale per te.

Non lo hai mai fatto? Ti occorre aiuto e know how per fare questo? Segui il percorso e l’otterrai.

Nel prossimo mito parleremo di competizione e di come sia importante apprezzarla, sempre nella giusta dimensione, se vuoi riuscire nell’intento di andare a lavorare all’estero.

 

QUARTO MITO DA SFATARE PER ANDARE A LAVORARE ALL’ESTERO

Pensare che si possa evitare la competizione per andare a lavorare all’estero

Alcuni preferiscono credere che le cose accadano per fatalità. In fondo questo ha una sua funzione perché permette di credere che sia inutile impegnarsi. Questo apparentemente ci protegge dalla delusione delle sconfitte: in fondo chi non fa non sbaglia. Sia chiaro: non intendo affermare che il caso non esista, ma solo che la grande maggioranza delle cose buone non accadono per il solo caso. Il duro lavoro, ben organizzato e correttamente orientato può agevolare. Il lavoro non ti evita le difficoltà, le risolve, non ti evita gli imprevisti, li gestisce, non ti sottrae alla concorrenza, ti prepara ad affrontarla. Il successo è nella preparazione. La tua preparazione è il progetto operativo che devi scrivere e realizzare secondo uno schema efficace. Il caso esiste, tuttavia incide in modo inversamente proporzionale alla tua preparazione. Andare a lavorare all’estero passa anche attraverso questa consapevolezza.

Esporsi, dichiarare un obiettivo, affrontare prove, misurarsi con gli altri è una azione che ci porta a fare i conti con la paura del fallimento.

Un certo sistema di pensiero si è affermato perché nasconde uno dei più grandi tabù della nostra società: il fallimento. Chi si mette alla prova può anche fallire eppure questo non sembra accettabile. Strano che quando dobbiamo insegnare qualcosa a qualcuno siamo bravissimi a spiegargli che non si deve autolimitare, che l’errore è solo un passo verso l’obiettivo, che fallire una volta non significa fallire sempre. Tuttavia la società italiana stigmatizza spesso il fallimento come una colpa. Questo fattore tende a far temere la competizione. Nella competizione in genere sono pochi i vincitori e molti gli sconfitti. Ha quindi largo successo una narrazione che promette vittorie facili per tutti “per diritto”. Di più: chi si espone e si “mette in mostra” appare come sleale, come se volesse conquistare posizioni a detrimento degli “aventi diritto”. Il risultato di tutte queste abitudini di pensiero è che le selezioni avvengono in base a criteri casuali e poco trasparenti. Proprio l’opposto di ciò che auspica chi si appella al “diritto al posto”.

La competizione è il sistema naturale e più diffuso al mondo

Interi comparti della società operano cercando di negare come la competizione sia il naturale sistema degli esseri viventi per raggiungere i traguardi. Eppure, come le squadre vincono se al loro interno c’è competizione per una maglia da titolare, così le società progrediscono se al loro interno c’è competizione. Solo così saranno i migliori a giocare indossando i colori sociali, tracciando la via, costituendo i modelli.

Che ci piaccia o no non siamo soli sul pianeta, non siamo i soli a volere quel contratto, quindi la concorrenza esiste. La competizione è necessaria, è nelle cose. Per andare a lavorare all’estero occorre accettarla.

Vi sono essenzialmente due tipi di competizione: quella mediante confronto diretto e quella che prevede un confronto indiretto, mediato.

Il primo tipo prevede che i concorrenti siano messi alla prova direttamente di fronte ai giudici, ad esempio le competizioni sportive in cui i giudici possono essere veri e propri giurati o meccanismi automatici di rilevazione del tempo o del punteggio.

Il secondo tipo prevede che vi siano uno o più giudici, insieme o in sequenza, che prendano in esame gli elaborati dei concorrenti o direttamente gli stessi concorrenti, esprimendo una valutazione finale. Gli obiettivi della selezione servono anche per definire i criteri della valutazione, cosa premiare e prediligere e cosa considerare meno importante ai fini di una votazione finale. In questo genere di competizione ricadono il classico concorso scolastico e la selezione del personale per le aziende.

Le regole della competizione

La competizione è regolata da norme naturali o norme definite da chi governa la competizione.

Le piante nella foresta competono per raggiungere la luce, così come ogni proposta di lavoro ha sempre più candidati di quanti ne occorrano. Essi quindi dovranno competere per il contratto. Questo è sempre un bene: in Svizzera ad esempio cercano di scegliere candidati che possano migliorare il livello della scuola. Le regole delle selezioni sono stabilite da chi dovrà operare l’assunzione.

È un metodo arbitrario, senza dubbio, ma almeno ha obiettivi dichiarati. Si basa dapprima sull’analisi del CV, raramente su qualche prova scritta e orale. Superata la fase preliminare, quindi essenzialmente documentale, si giunge al colloquio finale. Chi ti assume vuole vederti. Chi lavorerà con te, e chi ti pagherà, vuole prima conoscerti personalmente…

In tantissimi settori questa è una prassi normale, mentre non è abituale nella scuola italiana. Questo è dunque un ambito nel quale occorre un po’ abituarsi all’idea: vi sarà di fatto una competizione.

Saper competere nei modi appropriati è decisivo. L’unica via è prepararsi adeguatamente.

Prepararsi alla competizione

La preparazione è tutto e per prepararsi occorrono dati e informazioni.

Porsi le domande giuste, immedesimarsi nei giurati, conoscere gli avversari, valutare i tuoi punti di forza e come valorizzarli, conoscere meglio i meccanismi e la psicologia della giuria, le caratteristiche del tracciato, i punti decisivi.

Senza le giuste informazioni rischi di porre l’accento sugli aspetti che tu giudichi decisivi, dal tuo punto di vista, in base alle tue abitudini di pensiero. Si rischia così di dare per scontate cose che scontate non sono proprio. Poniti sempre queste domande:

  1. Se fossi nei panni di chi mi deve assumere, che timori avrei?
  2. Per quale motivo dovrebbero assumere proprio me?
  3. Cosa sono disposto a sacrificare pur di ottenere questo contratto?

Non lo hai mai fatto? Ti occorre aiuto e know how per fare questo? Segui il percorso e l’otterrai.

Siamo giunti al quinto mito da sfatare. Si tratta di un potentissimo agente limitatore per chi voglia andare a lavorare all’estero.

Questo mito è il più difficile da smontare perché è saldamente incardinato nella struttura di pensiero di molte persone. Si tratta di una convinzione sbagliata e penalizzante, tuttavia moltissime persone la ritengono, al contrario, un assioma indiscutibile, un principio su cui basarsi. Un valore cui ancorarsi. 

 

QUINTO MITO DA SFATARE PER ANDARE A LAVORARE ALL’ESTERO

Pensare che essere un ottimo insegnante (ingegnere, medico, programmatore…) sia sufficiente affinché qualcuno ti dia un lavoro

Questo mito è molto presente in ogni settore della vita, ma è più facilmente visibile nei settori più legati al commercio, alla vendita di un prodotto.
Era diffuso convincimento che “un buon prodotto si vende da solo”. Credere che esso si debba vendere per forza perché, essendo buono, sarebbe “giusto” che i consumatori lo premiassero, era errore molto diffuso tra i produttori. 

Ci si dimenticava, ad esempio, che nessuno è obbligato a provare un prodotto nuovo. Si ometteva di considerare che la responsabilità di convincere il consumatore a provare il prodotto è tutta a carico del produttore, perchè è un suo problema. Nessun medico, nessun tribunale ha mai ordinato al produttore di creare quel prodotto, né al consumatore di provarlo, e ancora meno esiste l’obbligo di apprezzarlo una volta provato.

Occorre un grande lavoro per ottenere il successo, molto più grande dello sforzo necessario per produrre un bene. Questo lavoro ha molto a che fare con la fase progettuale. Nel mondo della produzione, dell’industria, del commercio questo è ormai assodato, anche perché chi non accetta questo criterio in genere fallisce.

Pensarsi come un prodotto

Beh, che vi piaccia o no essere un ottimo insegnante, un ottimo professionista, un ottimo “qualsiasi competenza abbiate” vi assimila ad essere un ottimo prodotto, da voi stessi creato. Avete faticato molto tempo affinché la vostra competenza e professionalità fossero complete. Ora il prodotto c’è ed è buono. Occorre far sì che i “consumatori” lo provino e lo apprezzino.

Fare in modo che il mercato, in qualche parte del mondo, vi possa premiare permettendovi di ottenere un compenso per la vostra prestazione è vostra responsabilità, è un vostro problema. Accettatelo e sarete a metà dell’opera: imparate a farlo e sarete persone libere, padrone del vostro destino. Potreste iniziare considerando chi può essere il vostro “cliente”. Se siete insegnanti pensate  ad una scuola, certamente. Eppure l’insegnamento non necessita sempre di una scuola: con questo mindset potrete scoprire altri schemi ed opportunità di lavoro. 

Inutile girarci intorno: questo concetto cozza con il principio di “diritto al lavoro” con il quale siamo stati addomesticati. Cozza anche con l’abitudine di pensiero a desiderare “il lavoro per cui hai studiato”. Occorrerà continuare a studiare e occorrerà adattarci al mondo in divenire per avere il lavoro che vogliamo. Probabilmente non sarà nelle forme che abbiamo immaginato un tempo, tuttavia l’energia del rapporto con discenti che vogliono crescere sarà sempre presente. 

Il risultato di questo ammaestramento è che ci riteniamo spesso inadeguati ad una autonoma pianificazione della nostra vita. E’ un concetto inutilmente penalizzante, che ha generato una diffusa dipendenza psicologica da iniziative altrui, in genere dello Stato. Non riusciamo a pensarci in grado di farcela senza lo Stato.  

Essere ottimi insegnanti, essere ottimi professionisti in qualsiasi campo, è come essere un ottimo prodotto, è condizione necessaria per vincere la concorrenza, ma è tutt’altro che sufficiente se vuoi veramente andare a lavorare all’estero.

 

Conclusioni

Riassumendo: 

  1. Decisione irrevocabile
  2. Procedere con metodo
  3. Strutturare un progetto dettagliato
  4. Parlare con amici e parenti solo a progetto ultimato
  5. Accettare la competizione
  6. Consapevolezza di essere un professionista serio che intende promuoversi

Bene: qui sotto trovi la check list per la pianificazione del percorso che ti porterà alla tua nuova vita professionale. E’ il metodo da seguire. Scrivi un capitolo di cose reali, inerenti la tua vita e i tuoi obiettivi per ogni punto della lista ed avrai il tuo progetto operativo.
Ogni punto ha un valore, è un tassello per avere successo se vuoi andare a lavorare all’estero. 

Analizzali e rifletti su ognuno di essi utilizzando ciò che hai appena letto, approcciando il tutto con il giusto mindset che ti abbiamo suggerito in questa guida. 

Non tralasciare, non saltare i passi, non correre alle conclusioni, non cambiare la sequenza: ci sono motivi tratti dall’esperienza diretta.
E’ un metodo che funziona, il che non significa che andare a lavorare all’estero sia facile. E’ fattibile ed è il miglior modo di massimizzare i risultati e minimizzare i rischi. 

Affronta, rifletti e inizia a lavorare per la tua nuova vita. 

Vedrai che più ti ci dedicherai, più ti si accenderanno lampadine, sarà progressivamente più chiaro il perché di ogni singola scelta alla base di questa check list. Ricorda sempre che essa è nata da un’esperienza concreta. Procedendo ti rafforzerai nella convinzione e nella consapevolezza di essere all’altezza di andare a lavorare all’estero, e apprezzerai quanto sia stato importante aver preso una decisione.

Al termine del lavoro parlane con chi ti sta a cuore, confrontati: sarai pronto alla competizione.


Buon lavoro e in bocca al lupo! 

 

Suggestioni di life plan

Puoi richiedere una consulenza privata di orientamento all’espatrio cliccando qui

I. Road Map

  1. Pianificazione: La road map
  2. L’obiettivo finale – ragionare per obiettivi (Decidi qual è il tuo obiettivo, non puoi avere molti obiettivi) – Le priorità
  3. Cercare informazioni, sì ma quali?: la scomposizione del problema complesso in problemi semplici
  4. Time table delle operazioni – si compila a ritroso, partendo dall’obiettivo raggiunto
  5. Piano di comunicazione a parenti e conoscenti
  6. Piano economico finanziario
  7. Viaggi test
  8. Exit from Italy
  9. Piano immobiliare domestico
  10. Piano finanziario
  11. Auto e beni registrati

II. Il Paese obiettivo: conoscerlo

  1. Individuazione del Paese obiettivo
  2. Analisi del Paese
  3. Idea di Lavoro
  4. Economia
  5. Demografia
  6. Politica
  7. Cultura e Storia
  8. Costituzione
  9. Duolingo

III. I tuoi skills – il CV – La concorrenza
(Il successo professionale non dipende solo dalla preparazione tecnica)

  1. Analisi delle proprie esigenze
  2. Desideri
  3. Necessità
  4. Alibi?
  5. Skills personali / familiari
  6. Esigenze abitative
  7. Esigenze formative
  8. Situazione finanziaria / immobiliare / giuridica
  9. Parentele e famigliari
  10. Conoscenze all’estero
  11. Quando il tuo CV sarà su un tavolo, verrà confrontato con altri CV
  12. Come si preparano all’insegnamento in Svizzera
  13. SCRIVERE UN CV – DISTINGUERSI – COMUNICARE
  14. Preparare il colloquio
  15. Concorrenza: comprendere che preparazione hanno gli altri
  16. Competere: prepararsi e lavorare sui numeri

IV. Concorsi

  1. Possibilità di abilitarsi in Svizzera
  2. Valore dell’abilitazione svizzera
  3. La SUPSI – Il DFA
  4. Conversione della Abilitazione
  5. Come sono i concorsi
  6. Dove si trovano i concorsi
  7. Come si leggono i concorsi
  8. Compilazione delle domande
  9. Richiedere il casellario specifico per privati
  10. La prova di civilizzazione per gli stranieri

V. Lavorare in Svizzera – Il mercato scolastico

  1. Schengen
  2. Lavoro – Casa – Permesso
  3. Trovare informazioni online
  4. Tipi di permessi
  5. La previdenza in Svizzera
  6. La pensione italiana che fine fa
  7. Mercato Scolastico: Perché servono i numeri e Come trovarli
  8. Concordato Harmos

VI. Come consolidare la propria posizione

  1. Come farsi confermare nell’incarico
  2. Essere Fare Avere
  3. Essere Stranieri
  4. Tessere Relazioni
  5. Avere Amicizie